Ciao, ti presento te stesso!

guardando

 Persiste il trend di crescita per l’uso di antidepressivi e ansiolitici in Italia; in aumento il mercato della “falsa felicità”

Striature grigiastre solcano i muri, la polvere  densa si è annidata in questo spazio che qualcuno  amorevolmente definisce “Casa Serena”, nei lunghi giorni destinati al tempo dell’ozio. Qualche bravo infermiere ti sta ricordando che essere qui è un onore,  perché finalmente consacrerai la tua vecchiaia alla fase contemplativa della vita, senza comunque dimenticare la provvista giornaliera di medicine che scandiscono inflessibilmente lo scorrere del tempo.

Sei adocchiato continuamente dal sorvegliante di turno, pronto a dirigere il traffico dei tuoi pensieri, a dirottare le tue parole in un ordine logico, consequenziale agli eventi del giorno. Poi, con ossequiosa calma, ti invita ad addentrarti verso la ronda giornaliera.

Qualche passo ancora…si rinnova l’ora delle visite.

 E finalmente oggi ti ritrovo…

Ma non ho bisogno di presentarti me stessa, anche se tanti anni ci separano dall’ultimo incontro. Avidi i nostri sguardi sanno già ricordare…

Ma ora dimmi… da dove vuoi che racconti quel tuo modo insuperabile di spiazzare ogni pregiudizio? Ho capito, mi stai dicendo che prima di essere un medico sei stato un Uomo e che solo grazie ai tuoi pazienti ti sei presentato al mondo. E così, oggi, testardo fino alla fine, vuoi presentarti come abile narratore, vuoi spodestarmi per un po’.

Ti ascolto volentieri, toglimi pure lo scettro della scrittura. Sicuramente sarai ancora abile a smascherare l’ignobile ricettario fornito dall’avveduta società del “buon costume della medicina ufficiale”, come li chiamavi tu, sulle miracolose cure per la felicità. L’ultima offerta è a dir poco commovente:  “Ti aiutiamo a conoscere te stesso, a presentarti al mondo e a conquistare la felicità nel giro di due settimane, ad un prezzo super conveniente”.

Ora racconta, perché voglio ritornare da dove siamo partiti, dal mondo delle idee.

Quel mondo che hai presentato come un figlio in quella clinica prestigiosa dove eri stato invitato come relatore sul tema “Psicopatologia delle depressioni-casi di guarigioni quasi impossibili”. L’avevi deciso fin dall’inizio che non sarebbe stata la solita relazione costruita per gli addetti ai lavori. Sarebbe diventata, man mano, una lunga conversazione, in una sala gremita non da medici, ma soprattutto da uomini e donne alla ricerca di conoscere sé stessi.

Londra 1980

“Non vi parlerò di nessun caso di depressione impossibile da guarire! Affermare che vi sono casi impossibili, la cui guarigione sarebbe a dir poco eccezionale, sarebbe come affermare che nell’Uomo esistano solo la ricerca del piacere e della felicità senza il dolore, senza che piacere e dolore si amalgamino tra loro, l’uno nell’altro. Siamo sicuri di conoscerci, ci paragoniamo ad alberi che aprono i rami sempre più su, alla ricerca di luce, sempre più in alto! Poi giunge un momento in cui ci chiediamo se quell’individuo che cammina sia veramente il nostro Io, quell’Io che abbiamo da sempre conosciuto, o un altro che guardiamo e non riconosciamo. L’albero così si piega, per ritrovare la sua iniziale posizione, ma finisce per sradicarsi impietosamente. E allora intuiamo di aver avuto un unico difetto: quello di esserci sempre rifiutati di procedere al di là delle apparenze. Fino allora siamo rimasti dentro, come schiavi, in una caverna, costretti a guardare sul fondo di essa le ombre della nostra esistenza. Dentro scambiamo queste ombre per realtà perché non abbiamo mai voluto conoscere, andare oltre. Schiavi di noi stessi, schiavi di una realtà ingannevole! Ma finalmente decidiamo di uscire dalla caverna. Incominciando ad abituarci alla luce forte del sole, iniziamo gradualmente a scorgere le idee…non più realtà apparenti! Come schiavi finalmente liberi, proviamo ad esplorare il mondo che ci circonda, ma ci prende l’angoscia di non farcela; ci chiediamo se sia opportuno ritornare dentro la caverna e incatenarci nuovamente. La vita non è un albero che sale, ma linfa che scorre! Sempre più giù, fino alle viscere d’inferno e paradiso.

Scendiamo….è una discesa che ci travolge! E’ una guida dell’anima verso il mondo dell’essere. “L’idea della nostra reale esistenza alla quale l’anima partecipa”,così direbbe Platone.

E questa è la vita: Dolore e Amore assieme, l’uno dentro l’altro, in questo viaggio finalmente libero in cui ogni uomo e ogni donna si presentano al mondo.”

 

E così continui a parlare con quello che chiamavo “il linguaggio degli Dei”.

Io ho ancora il privilegio di amare i tuoi sguardi struggenti, divenuti parole nel paesaggio della tua memoria. Perché nessuna malattia, nemmeno quella acida vecchia dal nome Alzheimer che ti hanno affibbiato addosso, violerà il ricordo della tua presentazione.

Perché quando io parlerò di te…

Ti ricorderò ancora così!

Per sempre…

 

Dalla raccolta “Ossi di seppia” di Eugenio Montale

 

Portami il girasole ch’io lo trapianti

nel mio terreno bruciato dal salino

e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti

del cielo l’ansietà del suo volto giallino.

Tendono alla chiarità le cose oscure,

si esauriscono i corpi in un fluire di tinte: queste in musiche.

Svanire è dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce

dove sorgono bionde trasparenze

e vapora la vita quale essenza;

portami il girasole impazzito di luce.

 

Mi conosco perché ti amo: Salvador Dalì e Gala

 

il ritratto

 

“Ogni mattina, al risveglio, provo un piacere supremo: quello di essere me stesso, quello di essere Salvador Dalì. A sei anni volevo diventare cuoco, a sette anni Napoleone; da allora la mia ambizione non ha smesso di crescere: non voglio più essere che Salvador Dalì e nient’altro!”

Ma la vera presentazione di sé stesso al mondo, Dalì, la compie con la prova indiscutibile dell’amore: nel 1929 il grande artista scopre in Gala il grande amore della sua vita.

la preghiera

Questo incontro storico avviene all’insegna della follia. Innanzitutto Dalì si trova in uno stato di esaltazione per cui, ogni volta che vuole parlare a Gala, viene preso da un riso irrefrenabile. Ogni volta che lei si allontana non fa in tempo a voltargli la schiena che Dalì si contorce dal ridere fino quasi a cadere a terra. E’ difficile quindi per Dalì riuscire a dichiarare il suo amore tra scoppi di riso nervoso. Non è cosa facile perché, oltre ad essere affascinante, Helena Devulina Diakanoff, figlia di un funzionario di Mosca, da tutti soprannominata Gala, manifesta una sicurezza che non manca d’impressionare il giovane Salvador. Resta il fatto che all’epoca Dalì aveva avuto con le donne solo delle esperienze limitate; sosterrà sempre che era ancora vergine quando ha conosciuto Gala.

 “Anche le vittorie hanno il viso incupito dal dolore. Non bisogna stuzzicarle” racconta Dalì.  “Ciononostante stavo per farlo, per serrarle la vita, quando la mano di Gala prese la mia. Era il momento di ridere, e risi con un nervosismo tanto più violento in quanto la cosa doveva risultare più fastidiosa per lei in quella particolare circostanza. Ma, invece di sentirsi ferita dal mio riso, Gala se ne inorgoglì. Con uno sforzo sovrumano, mi strinse la mano ancora più forte. E grazie alla sua intuizione medianica aveva colto il senso preciso del mio riso, così inspiegabile per gli altri. Il mio riso non era allegro come quello della gente normale, non era scetticismo o frivolezza, ma fanatismo, cataclisma, abisso e terrore. E quello che le avevo appena fatto sentire, che avevo gettato ai suoi piedi, era il riso più catastrofico, più terribile di tutti.  “Tesoro” disse ” Non ci lasceremo più”

Sempre durante uno dei loro primi incontri, Dalì chiede a Gala : “Cosa vuole che le faccia?”e Gala, con il volto trasformato, divenuto duro e tirannico, risponde:  “Voglio che mi faccia schiattare!”   “E se la gettassi dalla cima della cattedrale di Toledo?” S’interroga Dalì.  Sempre il grande artista racconta: “Gala mi distolse dal mio crimine e mi guarì con il suo amore. Grazie! Voglio amarti! Ti sposerò… questa fu la mia risposta. E i miei sintomi isterici scomparvero gli uni dopo gli altri come per incanto.   Ridivenni padrone del mio sorriso, del mio riso, dei miei gesti. Lei mi guarì grazie alla potenza indomabile e insondabile del suo amore. La sua profondità di pensiero e la destrezza pratica di questo amore surclassarono i più ambiziosi metodi psicanalitici.  E finalmente una nuova salute mi sbocciò nella testa come una rosa”

 

gala e la bellezza

 

E così, come racconta Dalì, ci presentiamo al mondo con la forza dell’amore: l’unico vero specchio della nostra esistenza!

E finalmente…

Ciao! Ti presento te stesso…

o me stesso!

i volti di gala

Questo post è dedicato a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di uscire dalla caverna, finalmente liberi, di essersi presentati al mondo con la ricchezza inestimabile delle proprie idee, della propria diversità, vivendo queste parole:
“L’ Uomo è artefice del proprio destino”.
A presto
Adriana Pitacco

titoli dei quadri di Salvador Dalì: Giovane donna in piedi alla finestra(1925)- Autoritratto (1921)-  Studio per la Madonna di Port Lligat (1950) Leda atomica(1949) Tre visi di Gala appaiono su delle rocce

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