Un dolce segreto

i primi passi 1

Vorrei fermare l’attimo, prima del suo scorrere…sarà possibile?

Riuscirò a cogliere quel tempo prima che passi? L’istante,  prima della sua fine?

Ritornano come perle sgargianti parole che il tempo mi ha concesso di vivere.

“Io catturo la luce del mio tempo vivibile e la proietto sulla tela con tocchi rapidi e vibranti”

il pittore a passeggio

 

MARZO 1981

“Il blu è la tenda del cielo, il verde le nostre praterie, il rosso il sangue della nostra vita sempre in viaggio”. Così ogni Rom racconta, alla propria donna, i colori innalzati al vento della bandiera.

Quale colore dei tre sono io, per Igor? Qualsiasi colore va bene, basta che lo scelga lui. Solo il grande cipresso si è appropriato del confine che passa tra lo spazio orizzontale della lussuosa villa di papà e lo spazio verticale dei violini che furoreggiano in danze trascinanti.

Mi sveglio sempre prima, trangugio la colazione nel tempo record di due minuti, indosso sotto la mia gonna preferita e sopra la solita gonna idiota della scuola.

Ho tagliato anche il collo di una maglia, le maniche le ho accorciate di dieci centimetri: così sono proprio l’azzurro del cielo di Igor! Camuffo il  mio splendido abito con uno dei soliti, noiosissimi maglioni invernali. Operazione raggiunta, piano perfetto! Bacio le guance di mamma dicendole che tornerò per l’ora di pranzo e fingo di ricontare i fogli che userò per la lezione di matematica, così tutto assumerà le sembianze di un vero film. A scuola, l’unica alla quale ho confidato il mio segreto è Danielle, perché di lei posso veramente fidarmi. Le ho affidato l’incarico di raccontare ai professori che l’ultima influenza mi è piombata addosso senza concedermi via di scampo. Anche il professor Claude crederà a questo racconto? Ma chi se ne importa?

Corro, corro perché il vento freddo mi conduca subito a baciarlo. Non ho difficoltà a farmi aprire le porte del loro mondo, non c’è nessuna chiave per entrare nel campo:basta solo spostare con il vento il centro di questo quadro, e mi trasformo nella selvaggia, dolcissima donna di Claude. Rubo già l’ebbrezza del tempo che vivrò con Igor: ogni suo sguardo diventerà il mio paesaggio. Sarò “vagùs”, senza fissa dimora, vagabonda per le vie del mondo.

“Basni, mia rombri rakav il gràste!” Riesco a decifrare la sua parlata e a tradurla in tempi moderatamente rapidi: “Colomba, donna mia, guarda il cavallo”. Lo cavalca senza staffe, tenendo leggermente le redini, correndo intorno al campo brulicante di ciuffi d’erba. I suoi occhi vedono terre sconfinate.

 Da alcuni mesi, sono diventata particolarmente brava a dialogare con le parole dei Rom.  Possiedono un ritmo speciale! Sicuramente  papà le imiterebbe con il pianoforte: accenti, suoni vigorosi, respiri brevissimi tra le frasi, brucianti, forti, come il sangue che scorre nelle vene di Igor.

“Dai, nas, nas” Al suo richiamo salgo sul suo “fururò”, il suo puledro, e lancio al vento il maglione impolverato dall’aria di scuola: ora sono proprio la sua basni! Anche l’aria ha un ritmo incalzante e la sferziamo vibrando assieme nell’unica pausa che c’è, che esiste: la musica del suo bacio.

Quanti punti d’incontro! Toccate e fughe tra due lingue danzanti! E finalmente vivo la mia libertà.

Ma improvvisamente il suo udito guardingo, vigile, gli porta l’eco dei lamenti di Nermina.

Cosa vuole Nermina, seduta con la sua pancia prorompente?

Non oso avvicinarmi, il rispetto per una donna rom si misura nell’intervallo di spazio. Ma Igor sembra stravolto… è solo: tutti si sono recati per barattare cinque purosangue giunti in un altro campo.

Io e Igor siamo diventati così gli unici spettatori della più grande forza della natura. Nessun libro mi ha insegnato come calmare il respiro di Nermina, nemmeno i dipinti di Claude possono bastare a tanto! In un minuto, da purosangue ribelle, Igor si trasforma, diventa docile. I miei occhi lo osservano al rallentatore. Mi accorgo che possiede una pacata lentezza, quasi estenuante: io non la reggo più. Il sangue sta accelerando, impazzito, in un ritmo innaturale, fuori misura. Cosa ci faccio io qui? Perché non ho il potere magico di Igor, di calmare le urla di Nermina?

L’adagio sopra ad una piramide di coperte: qui nella tenda non fa più freddo da quando Nermina soffia il suo respiro caldo dalle narici e pronuncia fieramente: “Jilo…Jilo…Jilo!” Poi la sua voce arriva all’orizzonte, al cielo. Ci sono parole, a noi incomprensibili, che toccano il cielo. Tutto sta, così, precipitando.

Nermina, compiendo l’ultimo sforzo, inarca la schiena e, scovato l’unico appiglio, riesce a sedersi.

Tende le mani, invoca quella testina già rotonda e perfetta che cerca di uscire con prepotenza dalla sua luminosa pelle. Poi esce come un boato, come il fragore di un tuono, come la lava incandescente….

e il primo suono accende la terra….Non ho più parole, sono inutili o forse non ci sono parole per raccontare quest’attimo, l’inizio del rosso, del blu, del verde, di Jilo.

Quanti colori esplodono nell’attimo della vita!

 

Una cascata di colori scende in una tela senza più nessun confine.

Poi apri le tue piccole  braccia, fino a formare un grande arco: con la tua magica, indistinguibile bacchetta dirigerai l’orchestra della tua vita.

Sei riuscito a scoprire questo mio dolce segreto…

E’ un segreto custodito in questa  nascita che si rinnova ogni giorno, in ogni attimo,  unico e irripetibile di questa nostra vita.

E forse è una semplice questione d’amore se desideriamo tanto vivere in una nascita perenne,

in quell’attimo impresso sulla tela della vita,

dentro al rosso, il verde, il blu

Per sempre 

Adriana

 

Da “I versi del capitano”

Pablo Neruda “Il figlio”

Ahi figlio, sai da dove vieni?

Da un lago di gabbiani bianchi e affamati.

Vicino all’acqua d’inverno

io e lei sollevammo un rosso fuoco

consumandoci le labbra

baciandoci l’anima

gettando nel fuoco tutto,

bruciandoci la vita.

Così venisti al mondo.

E per vederti un giorno

attraversò i mari

ed io per abbracciare il suo fianco sottile

tutta la terra percorsi,

con guerre e montagne,

con arene e spine.

Così venisti al mondo.

Da tanti luoghi vieni,

dall’acqua e dalla terra,

dal fuoco e dalla neve,

da così lunghi cammini verso noi due,

dall’amore terribile che ci ha incatenati

che vogliamo sapere come sei, che ci dici,

perché tu sai di più

del mondo che ti demmo.

Come una gran tempesta

Noi scuotemmo l’albero della vita

fino alle più occulte fibre delle radici

Ed ora appari

cantando nel fogliame

sul più alto ramo

che con te raggiungemmo

 

I colori della nascita: Vincent Van Gogh

ritratto azzurro di vincent

Nei suoi dialoghi poetici con Gauguin, Vincent sostiene di battersi per un’arte in cui i colori possano suggerire idee poetiche.

Idea poetica per eccellenza, per Vincent, da sempre, rappresenta la nascita, da lui stesso definita “un frammento dello specchio della vita”.

Dalle lettere di Vincent Van Gogh

Sain Rémy ottobre 1890

Caro Théo

Ora certo tu sei nel bel mezzo della natura, poiché scrivi che Jo sente già vivere il suo bambino- è anche molto più interessante del paesaggio, e sono molto lieto che tutto ciò sia così cambiato per te. Quant’è bello il Millet, i primi passi di un bambino!

 

St.Rémy febbraio 1890

A Wilhelmina

Ciò che mi scrivi del parto di Jo mi commuove molto, sei stata molto coraggiosa e molto buona ad assisterla. In circostanze del genere, quando mi prende il terrore, io sarei come un pulcino bagnato.  Ma infine il risultato è che è nato il bambino, e l’ho anche scritto a sua nonna, che mi sono messo a dipingere in questi giorni per lui un grande azzurro cielo sul quale si staccano dei fiori bianchi. E’ possibile che lo veda presto, verso la fine di marzo. Domani proverò ad andare ancora una volta ad Arles per vedere se sopporto il viaggio.

ramo di mandorlo

 

Alla madre

Fa sempre bene vedere come viene al mondo un essere umano ed è cosa che ha portato più d’uno ad una verità e calma più grandi…

A Théo e Johanna

…ho paura che il bambino soffrirà in seguito ad essere stato cresciuto in città: Jo trova questo esagerato, lo spero, ma bisogna essere prudenti. E io dico quello che penso, perché voi capite che il mio nipotino mi interessa e che ci tengo al suo benessere, dato che gli avete dato il mio nome, vorrei che avesse l’anima meno inquieta della mia…

sfinito 1

 

Maggio 1890

A Théo

Ah, se avessi potuto lavorare senza questa maledetta malattia, quante cose avrei fatto, isolato da tutti, seguendo ciò che il paese mi ispirava! Ma sì, il mio viaggio è proprio alla fine. Comunque ciò che mi consola è il grande desiderio di rivedere te, tua moglie e il bambino, e tanti amici che si sono ricordati di me nella mia disgrazia…

reparto

La vista delle stelle mi fa sempre sognare, come pure mi fanno pensare i puntini neri che rappresentano sulle carte geografiche città e villaggi. Perché, mi dico io, i puntini luminosi del firmamento ci dovrebbero essere meno accessibili dei punti neri della carta di Francia? Se prendiamo il treno per andare a Tarascon, possiamo prendere la morte per andare in una stella.

notte stellata1

Da Respighi “Notturno”

Nel 1962, l’amato nipote di Vincent, rispondendo all’iniziativa dello stato olandese, che proponeva la costruzione di un museo dedicato a Van Gogh,  donò  le opere di sua proprietà alla Fondazione Vincent Van Gogh.

Nel 1973 è lo stesso nipote del grande Vincent, a presiedere all’inaugurazione del RIJKSMUSEUM VAN GOGH ad Amsterdam

Questo mio scritto è dedicato a tutti coloro che vivono il dolce canto di una nascita quotidiana, attimo dopo attimo, così unico e irripetibile.

In ricordo di Nermina, al miracolo della nascita del piccolo Jilo, testimonianza, ancora oggi, della mia vita

Adriana Pitacco

Quadri di Vincent postati: “Contadini con una bambina-primi passi”(1890)-  ” Il pittore che si avvia al lavoro” (1888)  “Autoritratto” ( 1888)  “Rami di mandorlo in fiore” (1890)  “Alle soglie dell’eternità” ( 1882) –  “dormitorio di Saint Paul” (1889) – “Rami di mandorli in fiore” (1890) – “Notte stellata” (1889)

Le parole dei miei dialoghi con Igor, sono parole vere,  che ho amato fin dal suo primo sguardo