L’ infinito oltre il finito

infinito

Dimora il mio sguardo nell’opacità della morte.

Nude, le ultime rose del giardino mi svelano la loro inesorabile fine, in una solitaria giornata autunnale.

Stanche, implorano un’ultima fioritura, ma la richiesta è vana.

Petali come lacrime del cielo mi riconducono a vegliar domande che da anni sembravano assopite.

Lo sento…

Da giorni si è risvegliata quella misteriosa compagna così attenta a custodire i miei dubbi, le mie domande, a decifrare i miei ostinati silenzi e a lusingarmi con la sua premurosa pazienza.

“Ti aspetto…vedrai…non preoccuparti…ci conosciamo da tempo immemorabile….io e te intimamente siamo legate da un’unica certezza….scorre il tempo mentre un attimo di questa vita ci sta abbandonando per sempre…vita e morte in un’unica verità.”

Questa mia compagna ha un nome insolito.

Si chiama Malinconia. E’ con lei che io venni al mondo, è con lei che iniziai a muovere i primi passi, a intonare la mia tristezza nel cantar la vita alla mirabile conquista di quell’attimo che non sarebbe mai più tornato.

Perché fuggevole è il tempo, misteriosa la sua testimonianza.

Con lei sono venuta al mondo con la consapevolezza della fine.

Oggi, senza nessun pudore, racconto la mia malinconia vera e profonda come questa mia ostinata domanda: “Cosa rimarrà di me quando il mio tempo volgerà alla fine?”

Mi chiedo se sia proprio necessario porsi questa domanda.

O forse il mio è un bisogno?

Improvvisamente mi ritrovo a leggere parole piene di allegria in un messaggio invitante: “Sei pronta per la nostra caccia al tesoro? Prova a indovinare oggi dove sono?”

Noto che sotto al messaggio, mi fornisce una labile traccia….

La smilza inquadratura di un vecchio edificio

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Questo è l’unico indizio proposto da questo figlio, imprevedibile nel farmi scovare il suo particolarissimo tesoro.

Un tuffo nel cuore! La mia risposta è immediata: “Sei dentro al colore del nostro Vincent, nel cortile del vecchio ospedale di Arles, alle soglie dell’eternità!Dove Vincent stava ascoltando il passo di una strana morte: la morte dei sogni, dei desideri negati.”

Così, amato figlio, hai voluto esplorare i luoghi dei racconti che ti dedicavo la sera prima che ti addormentassi.

Venivi cullato con le storie sul nostro amico Vincent e prima della buonanotte sceglievi il quadro dal grande libro magico. Era il quadro pieno di colori che ti avrebbe accompagnato durante il sonno.

Mi chiedo se desideri conoscere quella malinconia così struggente e violenta che ti conduce alla disperazione.

dolore

Cosa sono io agli occhi della gente? Una nullità, un uomo eccentrico e sgradevole; qualcuno che non potrà mai avere una posizione sociale, in breve, l’ultimo degli infimi. Ebbene anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero cosa c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno” scrive Vincent a Theo durante il ricovero nell’ospedale di Arles.

reparto

 

Ma si può nascere….

E si può nascere di nuovo

seminatore

Caro Theo, la vita passa così, il tempo non torna. Ho il timore di perdere l’unica cosa che mi rimane ancora. Mi accanisco nel mio lavoro. Voglio assolutamente guarire e mi sento come uno che avendo voluto suicidarsi e avendo trovato l’acqua troppo fredda, cerca di riguadagnare la riva”

Solo che a volte il destino non ti concede il dono di questa nuova nascita.

Nel fulgore della mia adolescenza vidi mio padre accecato dal delirio della follia.

Mio padre, cantante lirico, dalla voce impossibile da dimenticare, nel pieno della sua carriera decise di consacrare il tempo alla ricerca del canto perfetto, sublime…

Forse per lui divino…

“Quando tornerai?” erano le mie uniche parole prima del suo rapido saluto, prima di quella rituale risposta: “Tu non puoi ancora capire, ma ho bisogno di assoluto silenzio! Niente può distrarmi…Devo trovare quel canto…”

“Quale?” continuavo a chiedergli.

Ma non poteva concedermi altro tempo perché iniziava il suo lungo esilio, il suo peregrinare da un grande Maestro ad un altro, dimenticando in fretta di avere una figlia.

E un giorno scordò pure di esistere.

Nel groviglio delle mie domande mi ritrovai a tentar di districare qualche sua parola nel vano tentativo di riconoscermi.

Forse l’unico barlume di lucidità di mio padre rimaneva il movimento stranamente ossessivo e improvviso delle sue mani. Ero sicura che quel battere compulsivo della mano destra servisse ad accompagnare ritmicamente un canto lontanissimo, da lui solo conosciuto.

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Ritornai puntualmente dentro all’ora riservata alle visite, ma scoprii una maledetta pazzia pronta a recidere il flusso sanguigno dei ricordi, a sradicare mio padre da ogni intimo rapporto con il quotidiano.

Quel canto sublime, quel canto destinato a un unico abbraccio con il mio mondo si dissolse in lacrime senza voce.

Mio padre non parlò più per lunghi e interminabili mesi.

Un’unica domanda forgiò i miei giorni:  “Come avrei potuto aiutarlo?”

Tormentati dubbi, rabbia e amore divisero le nostre strade…nessuno dei due riuscì a consolare la propria solitudine.

Poi scomparve l’odore acre della morte, si defilò ogni mio tentativo di risposta…

La regia di un misterioso destino librò nell’aria il vero ritratto della musica: mio figlio.

Splendido figlio che sei capitato a me, a tuo padre…

A noi nell’impeto della nostra giovinezza

Sei capitato tu! Un angelo caduto dal cielo,

un angelo in grado di suonare la vera musica.

Perché ogni tuo suono si staglia nitido e fiero nel bagliore della vita concepita come nascita perenne, nella fioritura di desideri vissuti profondamente nel chiarore d’ogni attimo vitale.

E suoni!

Suoni ogni sospiro dell’esistenza desiderando l’armonia del presente, senza vagabondar invano nel tradimento dell’esistenza.

E suoni…

Suoni…felice di esistere!

Assieme io e te, ogni giorno, accordiamo la tastiera della vita con questa nostra intima promessa:

Promettimi Anima che racchiuderai una sola delle mie parole

In uno dei tanti suoni dell’aria.

Promettimi che diventerò l’impronta del tuo bacio sonoro.

Promettimi che quando salirò a te

io ascolterò il richiamo del tuo dolcissimo pianto.

Io ti prometto che ritornerò tra le tue mani

ad essere quel dolce istante disegnato nel tempo

E’ una dolce promessa

 

Perché finalmente so cosa rimarrà di me…

Al di là della mia morte

 

Questo post è dedicato a mio figlio Gianluca, pianista dell’anima…

Perché all’ultimo sguardo con la vita, sgranerò gli occhi e con lo sguardo di un bambino velato di meraviglia, offrirò alla morte l’ultimo bacio, l’ultimo consenso, sicura di aver vissuto, grazie a te.

Grazie!

 

L’infinito in Vincent Van Gogh

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Dalle lettere di Vincent

“Fratello caro, talvolta so così bene ciò che voglio. Nella vita e nella pittura posso bene fare a meno del buon vino, ma non posso, io che soffro, fare a meno di qualcosa di più grande di me, che è la mia vita, la potenza creativa. E con un quadro vorrei poter esprimere qualcosa di commovente come una musica.

Vorrei poter dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui una volta era simbolo l’aureola, e che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori…

 

…Perciò sono sempre fra idee contrastanti, le prime, le difficoltà materiali di girarsi e rigirarsi per crearsi un’esistenza, le seconde, lo studio del colore. Spero di scoprirci sempre qualcosa lì dentro. Esprimere l’amore di due innamorati con l’unione di due colori complementari, le loro combinazioni, le vibrazioni misteriose dei toni ravvicinati. Esprimere il pensiero di una mente con il raggiare di un tono chiaro sul fondo più scuro. Esprimere la speranza con le stelle. L’ardore di un essere con la luce di un tramonto.

Qui, ad Arles vorrei fare il ritratto di un amico artista, che sogna i grandi sogni, che lavora come l’usignolo canta perché è questa la sua natura. Vorrei mettere nel quadro la stima e l’amore che ho per lui.

Lo ritrarrei dunque così com’è, più fedelmente possibile, per cominciare. Ma il quadro non sarebbe terminato così. Per finirlo farò il colorista arbitrario. Esagererò il biondo dei capelli, arrivando ai giallo cromo, al limone pallido.

Dietro la testa, invece di dipingere il muro banale del misero appartamento dipingerò l’ infinito

Attualmente crediamo ancora che la vita sia piatta e che vada dalla nascita alla morte. Solo che la vita è probabilmente rotonda e molto più vasta in estensione e in capacità dell’emisfero che noi attualmente conosciamo.

…E’ veramente un fenomeno strano che tutti gli artisti siano materialmente degli infelici. Ciò riporta a galla l’eterno problema: la vita è tutta visibile da noi, oppure noi ne conosciamo prima della morte solo un emisfero?…”

 

infinito

 

A presto

Adriana Pitacco

 

35 pensieri su “L’ infinito oltre il finito

  1. Il nostro non vedere l’insieme causa il tempo, ma ci muoviamo in una dimensione d’eternità in cui tutto è simultaneo. Può un artista che coglie ciò e lo rappresenta non scollegarsi, rimanere qui pur essendo oltre? Dilaniato nell’animo noi percepiamo la sua lucida pazzia, che è insieme un dono e un tormento. Il mistero che si svela attraverso le sue opere è l’eredità che l’umanità conserva gelosa in vista dell’unità circolare in cui consiste la vita. Ciao e complimenti per l’intensità con cui riesci a svelare le tue emozioni!

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    1. Carissimo, è decisamente vero quanto scrivi ” la dimensione d’eternità i cui ci muoviamo”, ed è profondamente drammatica la domanda che poni su questo tuo bellissimo commento.
      E’ la domanda che è affiorata nella mia vita al primo canto di mio padre.
      Ancora….
      senza risposta
      un caro saluto
      Adriana

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  2. forse ci sarà un confine dove tutte le domande avranno davvero perso necessità e solo il suono delle acque umane basterà, immensamente, a rinascerci

    bellissimo scritto e la dedica che commuove di bellezza…

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  3. Tu scrivi di quando una passione divora l’anima, si prende ogni respiro e diventa la vera vita. Disancorata dal peso che l’aggancia alla terra. La passione è bellezza ma anche un grande pericolo. Ricordi tuo padre e la perfezione irraggiungibile conosciuta solo a lui. Una ricerca continua come quella di Van Gogh e Virginia Woolf e altri ancora. Dalle loro opere respiri quella perfezione che cercano, ma sai anche che li ha uccisi. La domanda che mi faccio sempre è: perché hanno perso l’aggancio con la vita? Ma qui divento prosaica, perché ragionare sulle teorie mi permette di gestire le mie, di passioni.
    Ciao Adriana, hai poi visto la mostra di Van Gogh?

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    1. Le tue parole sono perle preziose che formano una vera e profonda melodia!
      Sono emozionata
      in questo periodo ho dovuto rinviare la visita alla mostra sul grande Vincent
      spero di riuscire ad andarci il più presto possibile, poi ti farò sapere
      Un grazie infinito

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  4. Credo sia un mistero il rapporto tra un artista – pittore o musicista che sia, compositore o interprete – e la propria ispirazione. L’ artista è quasi sempre colui che COGLIE dimensioni che altri non vedono e attinge ad una realtà superiore attraverso una sensibilità le cui dimensioni ci sfuggono. Troppo spesso tale sensibilità è stata accostata alla follia, ma che ne sappiamo noi??? “La vita è tutta visibile o noi ne conosciamo prima della morte solo un emisfero?” E non è l’ artista colui che per un attimo HA VISTO ciò che sta oltre e ne è stato irrimediabilmente preso?? E la sua infelicità non è in realtà una nostalgia straziante e senza fine?
    Quante cose mi suscita dentro questo tuo post così toccante, cara Adriana! Va letto e riletto per scoprirne la profondità e la ricchezza.
    Commovente la dedica al tuo splendido figlio che – penso proprio sia lui – altrettanto splendidamente suona Chopin…
    Grazie con tutto il cuore!!!!
    Annamaria

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    1. Carissima amica, le tue parole mi riempiono di tenerezza perché hai saputo cogliere con la tua anima ” musicale” il tema dominante di questo mio scritto.
      Tema che ho creato pensando a mio figlio e a quale testimonianza potrò donargli quando la mia vita si volgerà alla fine.
      E’ quel figlio pianista che vedi nel video e che considero ” un angelo caduto dal cielo”
      Con lui. e grazie a lui, ho il dono di cogliere la musica in ogni divenire della mia esistenza.
      Mentre leggevo le tue parole così profonde, ho rivissuto quel momento di pura poesia che la vita mi ha donato….
      Attimi di struggente bellezza dentro alle parole di Sergio, medico psichiatra allievo di Basaglia e di Muller che un lontano giorno mi disse:” Spesso negli artisti vive una ” Follia” salutare….indispensabile alla loro ispirazione”
      Un forte abbraccio e un brindisi alla musica!

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  5. “Cosa  sono io agli occhi della gente? Una nullità, un uomo eccentrico e sgradevole; qualcuno che non potrà mai avere una posizione sociale, in breve, l’ultimo degli infimi. Ebbene anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero cosa c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno” scrive Vincent a Theo durante il ricovero nell’ospedale di Arles.

    E’ questa la parte più bella e struggente del tuo post. Fa capire in modo molto chiaro la reazione di rifiuto e di emarginazione che le persone cosiddette “normali” spesso hanno quando si trovano davanti a qualcuno che è fuori dall’ordinario. Io stesso ho subito più volte tutto questo sulla mia pelle, e quindi capisco benissimo come deve essersi sentito Van Gogh. Il mondo è fatto per le persone normali: di conseguenza tutti gli altri sono destinati, se non a fare la sua fine, quantomeno ad avere delle difficoltà di ambientamento. Ti ringrazio moltissimo per avermi segnalato il tuo post: come sempre sei riuscita a farmi scoprire la grandezza anche umana, e non solo artistica, di un pittore che soltanto dopo la morte è stato apprezzato per la sua straordinarietà. Gli hai davvero reso giustizia. 🙂

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    1. Carissimo amico, come sempre le tue incantevoli parole rivelano una tua innata sensibilità interiore!
      Il mondo è fatto di chi ama, lotta e vive in modo unico e profondo la sua esistenza, senza falsi dogmi, all’insegna della vera libertà!
      Anche se spesso, ci costa realmente tanto
      Un caro saluto e un grazie infinito!

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      1. Grazie a te per la tua bellissima risposta! Colgo l’occasione per dirti che ho appena pubblicato un nuovo post… spero che ti piaccia! 🙂

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  6. C’è davvero qualcosa che è destinato sempre a trafiggere l’anima quando scrivi. Per la materia che tratti e per come la scrivi. E’ come se la malinconia, questa compagnia, perennemente in movimento, di tante sensibilità profonde, fosse presente in ogni istante della vita con lo struggimento che ne sottolinea la caducità, la fragilità. E’ il prezzo che si paga. Guardare all’infinito sapendo di portarsi dentro, ogni giorno, il finito che incede. Complimenti. Come sempre, siamo in vetta. Le tue descrizioni sono il crepuscolo di certe giornate. Quando senti che la vita è bella ma i giorni, ahimé, non si possono fermare. Un abbraccio e buona serata

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  7. Sono parole così emozionanti che ti posso solo dire…
    ” Carissimo amico, vale proprio la pena di scrivere e di rinnovare il mio saluto giornaliero alla scrittura, con questa tua incantevole testimonianza”
    Che felicità!

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  8. Carissima, hai riassunto la chiave vera e unica di questo mio scritto e ti ringrazio infinitamente.
    Questo scritto lo devo a mio figlio Gianluca, il mio grande maestro di vita!
    E ora so cosa rimarrà di me
    Un forte abbraccio
    Adriana

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  9. Un post molto profondo; complimenti a te e a Gianluca.

    Un Artista coglie sfumature dell’esistenza impossibili ai più. Glielo consente la passione, l’amore per la sua arte, la preparazione specifica, la sensibilità. Noi, i più, possiamo solo godere di quanto qualcuno sa donare all’umanità, ma mai quanto chi è stato accanto all’Artista, osservando e incoraggiando ogni suo passo, essenza di vita.

    Auguri, Adriana!
    Marirò

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  10. Credo resti un mistero, per noi, comprendere quella passione che prende, coinvolge, divora certi artisti. La molla che fa scattare il bisogno forte di raggiungere la perfezione, lacerante al punto da far perdere il contatto con la realtà. Che li conduce in un altro mondo, costellato di migliaia di colori, o note. Dove, penso che, le forme, e le armonie si incontrino si scontrino, fondendosi le une alle altre in un caos tutto loro. Purtroppo, tutto questo, è lontano dalla nostra comprensione. Perché, che ne sappiamo noi della follia che distingue e sublima l’arte di questi artisti? E’ ciò che li rende unici e che è indispensabile alla loro ispirazione.
    La vita, anche per questo, è, per ognuno di noi, un mistero, ma ha sempre un grande senso. Viviamo, ci apparteniamo, ma siamo anche parte del tutto, del prima e del dopo…
    La vita non finisce con la nostra morte, ma prosegue, continua nei nostri figli, nipoti, perchè loro sono, saranno, parte di noi.
    Ti ringrazio, per questo regalo davvero emozionante, per quel momento di intensa interpretazione musicale, davvero splendido!!
    Un caro saluto
    Stefania

    ps: Mi scuso, ancora, per l’enorme ritardo con cui ho commentato questo tuo splendido post.

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  11. Carissima poetessa, le tue parole rappresentano un elisir di lunga vita, te ne sono realmente grata!
    scusami se ti rispondo ora, ma sono in convalescenza a seguito di un intervento, solo oggi mi sono ripresa
    Un grazie infinito
    Adriana

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  12. Permettimi di non aggiungere nulla a ciò che hai scritto, mi provoca infatti un profondo silenzio interiore e un grande senso di gratitudine per questa tua capacità di esprimere tanta bellezza, attraverso le parole che amo, come la musica che le abbraccia!
    Grazie 🙏🏻
    Cristina

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  13. Ciao Adriana,
    Ti conosco da poco e rispetto ai tuoi scritti ti conosco molto poco, direi troppo poco per osare pronunciare il verbo conoscere. Allora mi limito a dire che sei una voce una delle poche voci che ho udito e che continuo a udire con immenso piacere nel deserto popolato da tante grigie ovvietà. Ovvietà peraltro aggravate da continue autoreferenzialità come fossero un tributo dovuto alla divinità del proprio IO.
    Sei dunque per me una voce che pronuncia una musica di parole legate insieme dal desiderio di conoscere i segreti della bellezza e della vita.
    E questo tuo post (che brutta parola, per definire una confessione che nulla ha del post!) ne è una dimostrazione, una delle tante in cui, attraverso la vita dei pittori, metti in trasparenza la tua. Ma qui sei tu, è la tua vita che racconti con quell’umiltà di Van Gogh che si considera “una nullità (…) un qualcuno che non potrà mai avere una posizione sociale, in breve, l’ultimo degli infimi”. Ma come lui sai che “anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero cosa c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno”.
    E sono queste la ragione del tuo vivere e le radici della tua malinconia. Grazie di avere scritto parlando di tutti coloro che vivono nel timore di questa tua domanda “cosa rimarrà di me quando il mio tempo volgerà alla fine?”.
    Che poi è anche, se posso dirlo, la mia domanda. Sta dentro di me, come la malinconia, alla radice dei miei timori delle mie disperazioni. Come lo sta il mondo di tuo padre che tanto somiglia a quello in cui è vissuto il mio. Lui con le parole, il tuo con la musica
    Tra te e me c’è la differenza di un’intesa con tuo figlio che ti fa dire “Assieme io e te, ogni giorno, accordiamo la tastiera della vita con questa nostra intima promessa”. Ed è una promessa che ti consentirà di essere felicemente cosciente “d’aver vissuto nel gioco sapiente della vita”.
    È necessario aggiungere che per me non sarà così?

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    1. Carissimo poeta, le tue parole sono perle preziose che rivestono di bellezza la testimonianza di ciò che siamo, di ciò che realmente viviamo dentro al magico volo dei nostri pensieri.
      Le mie ali, rappresentano quel canto del tempo che mi riporta alla voce splendida di mio padre, ma anche al suo sguardo malinconico, struggente.
      “Viviamo…piccola, mentre una parte di noi se ne va…per sempre” Queste erano le parole di mio padre.
      Parole che ascoltavo mentre vedevo il suo sguardo sempre più struggente, posarsi sul mare infinito, quel mare che si stagliava di fronte alla finestra del suo studio, di fronte al suo pianoforte. Ma quella sua malinconia, dentro al senso di finitudine dell’uomo, mi offriva in dono la sua bellezza, in quel canto iniziale del giorno, con i suoi vocalizzi, la sua preparazione al suo imminente concerto. Il mio passo di bambina, iniziava con il suo canto, con la sua voce “sublime”. Nella nostra intima quotidianità si modulava il mio presente….
      Vivevo la sua musica, mentre creavo nuovi personaggi…
      Amavo il suo canto, mentre si formava con il tempo, il desiderio di vivere intensamente “ogni attimo unico e irripetibile” di ciò che il tempo mi donava. A volte mi chiedo se dalle parole di mio padre, dentro al suo senso di finitudine dell’uomo, sia nato in me, il forte desiderio di vivere, di conquistare ogni attimo…
      “Quell’attimo di luce” direbbe il mio amato Claude Monet
      io rispondo solo:” L’attimo della mia vita, unico e irripetibile” Non è forse il carattere di questa unicità che ci rende intensamente preziosa la nostra Vita?
      Ma cosa sarei se non avessi vissuto la mia infanzia nella solitudine della bellezza?
      Perché il canto di mio padre, rappresentava la pura bellezza…io, con lo sguardo dell’infanzia, riuscivo a coglierla in tutto il suo incanto, senza tanti perché, senza dubbi.
      Quel canto ritorna anche nel mio ritmo giornaliero, fatto anche dalla domanda del mio compagno e splendido padre dei miei figli.
      ” Cos’è che ti fa vivere senza rabbia e delusione anche esperienze profonde con persone che ti hanno deluso?”
      Queste sono state le mie parole, forse il mio piccolo segreto:” Io della vita, del racconto di chi ho amato, prendo solo la parte più bella, la testimonianza più profonda”. Forse questo mio segreto rappresenta il mio elisir della mia felicità.
      Dentro alla mia malinconia vi è lo sguardo verso gl’altri…. Perché come scrive Vincent Van Gogh a Theo ” Si perde sempre quando si sta isolati”
      Ps: nel gioco sapiente della vita, ricordati che rimarranno vive le tue parole, i tuoi scritti, le tue poesie

      Ti mando un caro saluto, con la bellissima poesia di Nazim Hikmet

      la vita non è uno scherzo
      prendila sul serio
      come fa lo scoiattolo ad esempio
      senza aspettarti nulla
      dal di fuori o nell’al di là
      non avrai altro che vivere

      la vita non è uno scherzo
      prendila sul serio
      ma sul serio a tal punto
      che messo contro un muro, ad esempio,
      le mani legate, o dentro un laboratorio
      col camice bianco e grandi occhiali
      tu muoia affinché vivano gli uomini di cui non conoscerai la faccia
      e morirai sapendo
      che nulla è più bello, più vero della vita

      Prendila sul serio
      ma sul serio a tal punto
      che a settant’anni pianterai degli ulivi
      non perché restino ai tuoi figli
      ma perché non crederai alla morte
      pur temendola
      e la vita peserà di più sulla bilancia

      Adriana

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