PURA Follia

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Cosa sappiamo realmente della nostra vita? Dove sarei se il destino non mi avesse concesso il dono di incontrare Sergio, testimonianza profonda della mia esistenza?

Perché a volte vi sono casi del destino che ti sconvolgono la vita…

come l’incontro con un uomo, un medico psichiatra, che folgorato dall’urlo lacerante di uomini e donne percepì il crescendo del loro dolore, mentre la loro lontana quotidianità stava sprofondando in una voragine senza respiro.  Un uomo, un medico psichiatra, che s’inoltrò nell’inquieta vegetazione dei loro pensieri, nei loro ricordi chiusi in un profondo oblio, in quel pianto fagocitato dalla tortura di qualche elettroshock d’ultima generazione per condurli, attraverso la forza del dialogo, ad una ritrovata quotidianità. Io con lui ripresi la forza straordinaria della scrittura perché per Sergio l’arte aveva il compito di farci scoprire la vere piramidi dell’esistenza. E spesso per dimostrargli la mia profonda gratitudine, senza diventare banale, affine alle frasi altrui, così noiose, mi divertivo a porgli questa domanda: “Ehi! Dottore artista…Quale paesaggio vorrà scoprire oggi?”

Era semplicemente il paesaggio dell’anima.

Nella mia esistenza di ribelle solitaria, contribuii a rendere vera la sua profonda lotta contro quella rigida e dogmatica impostazione della psichiatria il cui compito essenziale consisteva solo nel contenere e annullare il paziente, nell’abolire qualsiasi suo desiderio, nel soffocare ogni parola. Poi, con il passar del tempo, quando compresi che Sergio si trovava in un inestimabile passaggio della sua vita, volevo che qualcosa di lui potesse rimanere. Nacque da una lontana promessa il desiderio di far vivere la sua voce, le sue parole, nel mio libro “Maledetta-mente”.

Ancora adesso mi chiedo…Cosa sarei? Dove sarei se non avessi incontrato quest’artista dell’anima?

Quante volte ho sentito quest’uomo urlare la sua rabbia contro terribili, assurde terapie, come il famoso elettroshock? Quante volte ho sorriso al pensiero che Vincent Van Gogh trovò il dottor Gachet al quale dedicò addirittura un ritratto; senza dimenticare  il mio amato Antonio Ligabue che, fortunatamente, durante i vari periodi nell’ospedale psichiatrico di S.Lazzaro conobbe il dottor Tarana, che gli consentì di dipingere e di uscire in giardino per ritrovare la sua amata natura.

Quante volte mi sono sentita straordinariamente ricca e felice, quando ascoltavo quella sua frase prima di ogni sua battaglia, prima di affondare i vari deliri medici di un’assurda psichiatria.

“Prima di tutto io sono un Uomo…

Un Uomo in questa straordinaria avventura umana!”

 

Ed è a Sergio, agli uomini e alle donne che rivendicano il valore inestimabile della diversità, la straordinaria forza della libertà, che dedico questo mio racconto-denuncia, nato dopo essermi documentata sulla scoperta dell’elettroshock.

 

 

 

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Cercasi maiale disperatamente

Si presentava imponente il lungo tavolo nel suo legno massiccio. Bandito di ogni leccornia fruiva dell’ampia sala destinata alla cerimonia della pregiatissima clinica universitaria. Lì razzolava la pregiata ditta dell’alta società: uomini e donne che spiluccavano il tempo con qualche frattaglia di evento mondano. E nella data odierna l’evento veniva arricchito  dalla presenza del dottor Cerubi: colui che in giovane età aveva conseguito una strabiliante scoperta medica. Il saggio medico entrò in scena con passo sicuro e indirizzò un rapido saluto alla vecchina  accartocciata alla sua destra, mentre lo sguardo spiccava il volo per scrutare attentamente gli ospiti. Laccato il primo gruppo di donne; bigodinato quello che si avvicinava alla vecchiaia. Povere donne…Chiedevano ben poco! Magari un orgasmo meno tiepido del solito, perché l’arrapato clitoride era pronto a gracidare osservando vogliosamente l’osannato dottor Cerubi . Simile ad un’opera scultorea sapientemente forgiata dalla gioventù, riusciva a districarsi abilmente tra le conversazioni dei vari commensali, tralasciando la piccante vocina che manovrava la lingua sulle labbra mummificata dall’ennesima chirurgia plastica:” E’ un onore averlo qui…”ronfò abilissima la gattina, poi scoperchiò velocemente un seno bisognoso di risposta, ma …fece capolino una schiera di camerieri che porse il piatto prelibato dell’onorato ricevimento.

“L’assaggi… è teneramente squisito”. commentò la vecchina di fronte stampata su carta incartapecorita. Ma il pezzo da novanta era custodito da strati cremosi che filavano sotto alle antiche virtù culinarie. Tolta la crema, affilato in dischi sottilissimi, rosei, placidi, teneri al palato delle dentiere che celebravano l’invito, si mostrò agli occhi di Cerubi in tutta la sua origine corporea. Un ammasso di carne che fino a qualche giorno prima sguazzava nel fango, a volte incazzato, a volte paffuto grugniva teneramente, si presentò ai commensali con tutte le decorazioni del caso. Era un docile maialino finito sulla tavola della festa galante. “Guarda caso…” pensò Cerubi “senza saperlo rinnovano l’intuito della scoperta.” Estasiato ricordò come la sua nobile scoperta, relativa alla cura della follia, fu un semplice caso del destino entrato prepotentemente nella sua vita. In effetti alcuni eventi inaspettati avevano offerto alla sua laboriosa mente tracce indispensabili per formulare una nuova trama scientifica e addomesticare le inutili menti dei folli.

Quel giorno decise di visitare un noto mattatoio alla periferia di Roma. Da solo, volutamente da solo, si incamminò tra il freddo aspro, tagliente, che riusciva a fendere la fasciatura d’abiti con i quali si era puntigliosamente vestito. Decise  comunque di procedere a passo fulmineo, così il tono muscolare avrebbe accelerato il flusso sanguigno contrastando il freddo esterno. Trovò ragguardevole la deduzione scientifica perché anche nei rituali quotidiani, il tocco di scientificità non guastava mai. Il tempo coinciso gli avrebbe permesso di verificare l’insolita informazione svelata dal nuovo assistente. Alimentò quindi il passo verso l’antico mattatoio, l’unico in grado di selezionare suini di origini quasi nobiliari e di venderli ad un prezzo concorrenziale; l’unico dove la scienza aveva aggraziato la morte di suini DOC.

Gli aprì la porta il vecchio macellaio, l’ultimo di una stirpe di lavoratori avveduti nella vendita di carne fresca e macellata con rigore quasi scientifico.

“Com’è interessante!” pensò Cerubi; il lavorio con gli ostinati maiali gli aveva conferito un tocco quasi animalesco. Sul volto florido  gli spuntavano due occhietti rotondeggianti , dallo sguardo insaponato, proprio come quello di un tenero maialino. Rapidamente si scusò con l’elegante ospite, esprimendo il proprio disappunto per il lavoro che non gli permetteva di vestirsi in modo consono a ricevere importanti medici nel suo rinomato mattatoio; in effetti il camice aggrumava macchie rafferme di sangue. Diede la colpa al tempo che gli permetteva solo di lavorare e di scoprire nuove tecniche di macellazione, senza comunque dimenticare di condurre quelle innocue bestiole ad una dolce morte. Gradevolmente soddisfatto, il dottor Cerubi porse le onorificenze del caso, variegando tutti i complimenti che potevano essere sciorinati in quella situazione. Quando fu all’apice estremo degli apprezzamenti, gli chiese di offrirgli la possibilità di ammirare come avveniva concretamente il lieto trapasso. Guizzando i due occhietti vispi, il vecchietto annuì soddisfatto di aver accolto un ospite, per giunta medico, incuriosito dalle  grazie della fauna che amorevolmente coglieva nel suo mattatoio. Teneri maialini maturati per la nuova stagionatura, pronti per deliziare raffinati palati, vennero esibiti dal vecchio come trofei. ” Li vede? Moriranno senza accorgersene, senza dolore, così la carne sarà perfetta per la macellazione! Perché quando vengono uccisi con le vecchie maniere, senza addormentarli, qualche inconveniente ci può essere!”

Cerubi dapprima ammirò il fare disinvolto e loquace del vechio, poi, furtivo, andò in avanscoperta: “Quale?”

“Ma…dottore…non lo sa?…I nervi diventano duri…la carne rimaneva rigida…e poi…chi la compra? Questi sono di razza scelta e anche nella morte bisogna portare il dovuto rispetto! Chi compra deve acquistare il loro delicato sapore!” Con oculato occhio scientifico Cerubi intuì che la collaborazione poteva essere perfetta! Campi semantici, così diversi, avrebbero svelato il destino scientifico pronto a realizzare nuovi studi, rigorosamente perfetti, che sarebbero approdati a nuove scoperte mediche.

“Li guardi!!” esclamò compiaciuto il vecchio macellaio”Sono frutto di una discendenza purissima! Pelle rosea al limite del chiarore, setole sottilissime, le vede?Perchè farli morire soffrendo? Ma ora avranno la coroncina sulla testa!” Soddisfatto, pienamente soddisfatto di sé, il dottor Cerubi si lisciò i baffi riccioluti e osannò quel tocco di intuizione che la sua perspicace mente avrebbe elaborato. Poi osservò meticolosamente il vecchio macellaio mentre controllava come la tenaglia metallica, cioè la delicata coroncina applicata sulla tempia degli innocui maiali, era collegata al voltaggio necessario prima della laboriosa macellazione. Quell’operazione sarebbe stata un’opera particolarmente benevola, caritatevole, perché li avrebbe condotti alla morte senza che quelle povere bestiole se ne accorgessero.

“Vedrà caro dottore, è come addormentarli, farli cadere in un sonno profondo, poi li macello, ma non soffrono, rimangono muti, senza soffrire!”

Fulminea la fetida luce soffocò ogni gemito mentre i corpi si contorcevano in spasmi convulsivi, per poi irrigidirsi e stramazzare a terra senza coscienza.

“Questa è la prassi” aggiunse il vecchio. E con un rapido viaggio di ricognizione contò il numero dei suini che ora poteva macellare tranquillamente.

Era commosso il dottor Cerubi, infinitamente commosso, perché il risultato scientifico era ormai alla sua portata! L’avrebbero acclamato ancora di più, immensamente di più

E se l’induzione di convulsioni elettriche fosse trasmessa nel cervello dei folli? Lo shock causato dalle convulsioni avrebbe provocato il rilascio di sostanze vitalizzanti.

Ma qual era l’idea principale? Elementare Watson! Se la follia è causata da un evento traumatico, un trauma di uguale o minore intensità avrebbe ristabilito l’equilibrio.

E le conseguenze?

Incapacità di apprendere…

Ma quando mai i folli apprendono?

Perdita di creatività…

Dote non facente parte della personalità di un folle o di un deviato dalla normalità.

E la perdita della memoria?

Quando mai la follia vive con la consuetudine della memoria?

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Breve citazione storica: nel 1930 un celebrato medico italiano, osservando alcuni maiali anestetizzati con scariche elettriche, scoprì l’elettroshock. Le conseguenze deleterie sono devastanti, ma purtroppo questa tecnica viene utilizzata ancora oggi in qualche clinica. In memoria del compianto medico vi è addirittura una scuola, in provincia di Treviso, che porta amorevolmente il suo nome.

Adriana Pitacco -racconto protetto dai diritti d’autore-

 

 

ALDA MERINI e la realtà delle parole

 

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In una toccante lettera all’editore Vanni Scheiwiller del 1970, Alda scrive:

Ma di questa prigionia non ne posso più, di queste sbarre, di questi cancelli chiusi mi sto letteralmente ammalando. La prego, ancora una volta Lei che mi ha aiutato in tanti frangenti, mi stenda ancora una volta la mano. Vorrei piangere e non ne sono più capace, forse perché mi hanno praticato degli elettroshock che mi hanno fatto più male che bene. Non so, ma ho tanta paura di morire qui dentro senza vedere più nulla, né sentire alcun fermento di poesia.

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Vincent Van Gogh -la ronda dei carcerati

 

Dalla bellissima raccolta di poesie “La terra santa”

 

Laggiù dove le ombre del trapasso

ti lambivano i piedi nudi

usciti di sotto le lenzuola,

e le fascette torride

ti solcavano i polsi e anche le mani,

e odoravi di feci

laggiù, nel manicomio

facile era traslare

toccare il paradiso

 

 

Io ero un uccello

dal bianco ventre gentile

qualcuno mi ha tagliato la gola

per riderci sopra,

non so.

Io ero un albatro grande

e volteggiavo sui mari.

Qualcuno ha fermato il mio viaggio,

senza nessuna carità di suono.

Ma anche distesa per terra

io canto ora per te

le mie canzoni d’amore

Alda Merini

All’ amico Vanni, durante uno dei  suoi ricoveri in manicomio, Alda esprime questo suo desiderio : “Ecco…l’unica cosa che mi piacerebbe veramente tenere in pugno è il suono dell’ombra”

 

Ed io, ribelle solitaria, posso solo aggiungere che il suono dell’ombra Alda l’ha trasformato nella meravigliosa conquista della vita.

 

Vincent Van Gogh  iris

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Dalla sinfonia “dal nuovo mondo” di Dvorak

 

A presto,

Adriana Pitacco

18 pensieri su “PURA Follia

  1. In un mondo dove tutto è effimero, transitorio, tutto scorre a velocità vertiginosa ecco che che la scrittura arriva in nostro soccorso , e fa un tentativo ; cerca di impedire che le cose ci scivolino addosso senza lasciare traccia. Le parole sistemate nell’ordine esatto , emanano una luce , un grande bagliore. Quando leggiamo, in noi nasce un’emozione , ma effimera anche se potente. Ecco allora pressante la necessità di trattenerla.farla nostra per sempre. Memorizziamo, allora le parole che l’hanno prodotta. Ma tutto questo è impossibile come il leggero vapore di una tazza di the bollente che va raffredandosi e piano piano svanisce, si dissolve. Scrivere è un modo per recuperare quei momenti di luminescenza. Adriana a te riesce meravigliosamente

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  2. Complimenti sinceri per i tuoi scritti, leggerti è stato un piacevole intermezzo ricco e coinvolgente. Passerò con più calma, per intanto ti lascio i miei più sinceri auguri per le Feste che si stanno avvicinando.
    Alla prossima, ciao Stefania

    ps. Ti ringrazio per la mail, mi ha fatto molto piacere.

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  3. alla fine siamo un po’ tutti scrittori e la vita non è altro che un verso da riempire.
    Sono convinto che scrivere aiuti a stigmatizzare e metabolizzare questa realtà che corre, a volte senza meta!
    Pagina molto bella.
    P.s. di Dvorak adoro Serenade for strings, Op. 22, II. Tempo di valse
    Ciao

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  4. Puro splendore.
    Adoro Ligabue, memorabile lo sceneggiato con Flavio Bucci, Alda Merini e gli animali, senza distinzioni di specie.
    Quanto ho letto sciabola l’anima, sferza il pericardio.
    E porta a consapevolezza su tante sofferenze, comprese quelle dei nostri poveri migliori amici.
    Grazie di cuore per questa rara e sovrumana bellezza.
    Un abbraccio grande e tantissimi auguri

    Daniele

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  5. Adriana ti ringrazio per le parole usate e per i tuoi interventi nel mio blog. Non è facile entrare in questo mondo. Siamo tutti portati a guardare sempre il nostro orticello senza volgerci a cercare la fragilità che può riguardare anche ciascuno di noi. Adoro Alda Merini e anche il suono della melodia di Dvorak mi ha incantata.
    Un sorriso di cuore e buonanotte 🙂

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